FerrarInforma 2010
«Cattolici nell'Italia di oggi.
Un'agenda di speranza per il futuro del paese»
Incontro con don Giuliano Gazzetti
«Prendiamo atto del fallimento dell’esperienza politica dei cattolici, causato anche dal fallimento dell’esperienza pastorale, dal punto di vista educativo. Dentro la chiesa italiana dobbiamo prendere atto che c’è stata in questi anni e c’è tuttora una difficoltà a trasmettere l’esperienza di vita. Sono rimaste alcune, poche, belle biografie di cristiani impegnati in politica… tolte quelle non rimane altro».
Così ha esordito lo scorso 25 ottobre al “salotto” del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari don Giuliano Gazzetti, responsabile del Centro di Pastorale Sociale e del Lavoro dell'Arcidiocesi di Modena-Nonantola. La sua è stata una riflessione sul tema della 46° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si è svolta a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre: “Cattolici nell'Italia di oggi. Un'agenda di speranza per il futuro del paese”.
Gazzetti è partito dall’intervento alla Settimana sociale del direttore del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo, Giuseppe Savagnone, chiamato a Reggio Calabria per commentare il documento della Cei Per un Paese solidale. Chiesa italiana nel Mezzogiorno: «Siamo reduci da un decennio che aveva un tema bellissimo “Annunciare il vangelo in un mondo che cambia”. Io ho visto cambiare il mondo, ma la chiesa è rimasta quella di prima».
Il papa e il presidente della Cei – ricorda il sacerdote modenese – hanno invocato una nuova generazione di cattolici politici, preparati dal punto di vista teologico. Ma questa rischia di rimanere una affermazione staccata dalla realtà. Infatti, troppo spesso, in questi ultimi tempi, la chiesa ha utilizzato su certe questioni l’argomento dei “valori non negoziabili” come se fosse una “clava”. Ci si dimentica, per esempio, di ricordare che i “valori” vanno mediati e, soprattutto, non si ricorda che certi valori sono diventati negoziabili proprio all’interno della chiesa e della stessa pastorale. Non si riesce più ad educare a certi valori all’interno della chiesa. Il pericolo è di cercare la sponda all’esterno per cose che non si riescono a fare all’interno della comunità cristiana. Si va verso un tipo di cristianesimo dove si confondono valori che non sono mai stati rigenerati in Cristo.
Nel migliore dei casi la chiesa “produce” cristiani “esterni”, che non sanno nulla della redenzione; per questo si può parlare di fallimento della pastorale. Se le cose rimangono in questo modo non può nascere una nuova generazione di cattolici, perché i nuovi cattolici in politica possono nascere soltanto dalla comunità. Senza una comunità è impossibile educare. La fede è la risposta all’esperienza della salvezza, ma oggi viene scambiata come un insieme di valori.
L’attuale vero problema è la crisi degli adulti. C’è un mondo cattolico che non ha ancora imparato a perdere e questo potrebbe essere il “canto del cigno”.
Nel mondo educativo continua una supposizione di cristianesimo come se fosse una teoria da mettere in pratica: c’è una prevalente impostazione moralistica, queste cose non “rimbalzano” dentro le persone. Non si può dedurre Dio da un comportamento o da un ragionamento umano. Una persona fa esperienza di Dio in un momento di “incontro”. La vera novità del cristianesimo non sta nell’insegnamento di Cristo, ma in quello che Cristo ha detto di se stesso.
La chiesa è diventata più accidiosa, stanca e delusa, perché un grande ideale è stato frustrato. È vero che la parola di Dio ricorda che “dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia”, ma occorre un segnale di conversione, ci deve essere il gesto di mettersi in ginocchio.
C’è bisogno di una pasqua delle relazioni, della vita. Come i perseguitati che vanno avanti lo stesso. Non sappiamo perdere perché non abbiamo interiorizzato il messaggio di Cristo. Non contiamo più nulla, abbiamo solo delle belle biografie di politici cattolici, che hanno lasciato un segno nella società negli ultimi decenni. Occorre riscoprire la dimensione spirituale del proprio essere cristiani, uomini e donne impegnati nella società, politici. Per chi vive una vita spirituale il “bello” non sono i risultati, ma è partecipare. Occorre un grande processo di purificazione, anche degli stili di vita degli uomini e delle donne di oggi, ricordando che, come viveva s. Cipriano di Mosca, “il peccato del popolo ricade sul principe e il peccato del principe ricade sul popolo”.