Ferrari informa n° 2002/5

Il FerrarInforma

5/2002

 

« RUOLO, POTERE E COMPETENZE DEL SINDACATO OGGI »

 

Lo scorso 10 ottobre è stato ospite del nostro centro il Segretario Confederale della Cisl PIERPAOLO BARETTA, per illustrare il ruolo del sindacato oggi e le trasformazioni che lo hanno interessato.

 

Certamente il sindacato oggi è in una fase di trasformazione o comunque di ricollocazione all’interno della società.

Quattro titoli che possono aiutarci ad inquadrare il problema oggi.

 

 

1.       Il cambiamento oggi. Siamo di fronte ad un cambiamento rapidissimo e profondo che ha conseguenze sulla struttura e sulla soggettività, cioè sulla coscienza che ne hanno le persone di questo cambiamento. Le questioni del cambiamento sono di diversi tipi. In primo luogo la velocità di comunicazioni, di trasporti e il concetto di globalizzazione rendono diverso l’intero mondo del lavoro. Il senso di contemporaneità, di riduzione al concetto di passato e di futuro, lo si misura nella vita di tutti i giorni e nei luoghi di lavoro, determina un forte senso di ansia. Siamo di fronte ad un popolo ansioso. Non si può dire automaticamente che siamo di fronte ad un disagio. C’è un ansia del futuro. Sta cambiando il concetto di tempo e di spazio, che per la vita sindacale è stato sempre un elemento fondamentale. Basti pensare alla questione dell’orario del lavoro. La terza complicazione è che sta cambiando il rapporto individuale collettivo: cresce la domanda individualeall’interno del mondo del lavoro. Questo è il tema più delicato perché tocca uno dei fondamenti dell’organizzazione sindacale, di rappresentanza, e forse è quello nel quale come sindacato siamo più impreparati. Domande chiave: chi sono gli ultimi di questa società? Noi adesso rappresentiamo i penultimi, per merito dell’emancipazione e delle battaglie. Gli ultimi sono altri e andrebbero divisi per criteri: ad esempio chi non trova lavoro o chi perde il lavoro. Il cambiamento del mercato del lavoro ha determinato una presenza molto eterogenea in pochi anni. Abbiamo un popolo di 10 milioni lavoratori (6 milioni in nero, 2 milioni atipici – non precariato, 2 milioni e 100 mila coordinati continuativi registrati) marginale alla classica rappresentanza, alla struttura dei diritti, alla gestione dell’uguaglianza, ecc. Il sindacato dovrà prima di tutto riflettere sui luoghi in cui giocare la rappresentanza. Europa vuol dire un salto di qualità, ma non siamo ancora preparati a questo.

 

2.       Vi sono nuove frontiere dell’emancipazione, rispetto a quelle classiche che restano valide. Più la competizione internazionale si fa serrata e dura, più gli imprenditori chiedono ai lavoratori di dare qualcosa di più che non la classica forza lavoro. Si chiede ai lavoratori di lavorare come se fossero dei soci, ma si continua a trattarli come salariati. Questa è una contraddizione interessante. In questo si nota anche la differenza tra Cisl e Cgil: il nodo della partecipazione dei lavoratori. Solidarietà, uguaglianza, comunità vanno ripensate alla luce di questa contraddizione che apre uno scenario inedito di tipo contrattuale. Il vero fenomeno concreto con cui si fa i conti è la scomposizione del ciclo produttivo. Luttwach della Cia, che è un liberista, a proposito dell’11 settembre ha detto che una delle cause per le quali è accaduto l’attacco alle Torri Gemelle è perché le compagnie aereoportuali americane negli ultimi 10 anni hanno appaltato all’esterno tutti i servizi di sicurezza e le aziende che hanno preso l’appalto offrivano lavoro alle maggiori condizioni di flessibilità e alle minori condizioni salariali possibili. Le persone disponibili a lavorare a queste condizioni sono prevalentemente gli immigrati. Da qui Luttwach arriva a dire che ci siamo covati da soli la nostra insicurezza. Questa riflessione interessa anche per l’organizzazione del lavoro: siamo difronte ad un fenomeno che sta scomponendo il ciclo produttivo come una fisarmonica e questo comporta o l’allungamento della catena del lavoro o l’interruzione della catena dei diritti.

 

 

 

 

3.       Per cominciare a rispondere su certe tematiche, si dovrebbe avere il coraggio di riflettere in maniera strutturale sul modello economico. La cultura diffusa di oggi secondo la quale non vi siano altre forme del capitalismo è che la competizione globale porta alla disumanizzazione. Una delle critiche che noi facciamo alla Cgil per questa conduzione è che alla fine, in questo disperato radicalismo finisce per attenuare anche questa riflessione.

 

4.       I temi sui quali il sindacato può costruire risposteIl rapporto con la politica.

-          politica del redditi ed occupazione. Il 23 luglio non funziona più e i criteri classici della distribuzione del reddito sono inadeguati rispetto a questa complessità di cambiamento. Inoltre va tenuto in considerazione il rapporto diretto tra distribuzione del reddito e crescita dell’occupazione.

-          Welfare. Noi lo affrontiamo sempre in chiave spezzettata, lo dobbiamo ripensare come valore unitario: come mantenere la sua universalità pur equilibrandolo.

-          Lo statuto dei lavori.

-          Rapporto con la politica. È un capitolo delicatissimo. All’inizio degli anni 90, a fronte della crisi del sistema partitico, il sindacato ha fatto un’operazione di supplenza. Dopo, i partiti si sono riappropriati o hanno tentato di riappropriarsi della politica. Qual è il gioco sociale in un sistema bipolare? Dobbiamo cercare di pensare al gioco della dama cinese, nella quale si gioca in sei, dove ciascuno ha il compito di conquistare un territorio, ma senza fare ideologia. La cabina ellettorale non basta, non governa la complessità della rappresentanza sociale. Questo pone il problema della concertazione, del come ricostruire il dialogo o il conflitto e della cittadinanza.

 

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