Forse sarà per l’atmosfera ancora agostana, per la fine improvvisa del governo Draghi, per le grosse nubi che si ingrossano all’orizzonte. O forse perché da molto tempo non si assisteva a un esito delle elezioni dal risultato sulla carta così scontato. Fatto sta che, a un mese dal voto, la campagna elettorale sembra ancora incapace di prendere il via. Sia chiaro: le polemiche non mancano, così come le liti sui social. Ma, quello che non c’è, è un contatto con la realtà, la capacità di fornire visioni di futuro realistiche e convincenti.
Se non si riesce a intravedere un futuro meglio affidarsi alla destra identitaria. Ed ecco allora Giorgia Meloni, apparentemente sempre più lanciata verso la vittoria. È una destra che, per l’occasione, riporta in auge figure come Tremonti, Pera ed Eugenia Roccella, politici legati al primo berlusconismo e a una visione della società non certo aperta. Non potendo andare avanti, l’elettorato prova ad andare indietro.
Dall’altra parte uno schieramento variegato che fatica a trovare temi di riferimento e unità. Letta, Conte, Calenda e Renzi, come i capponi di Manzoni, sono stati mesi a beccarsi tra loro, chiudendosi in personalismi e gelosie, senza rendersi conto che il destino dei capponi non è mai particolarmente felice. Il risultato è un campo diviso e sbriciolato, incapace di rubare voti alla destra e in fortissima difficoltà nei collegi uninominali. Lo scenario, insomma, non è dei migliori, come ci ha spiegato l’analista di YouTrend Salvatore Borghese: il terzo polo fatica a emergere, il centrosinistra non riesce ad attrarre voti esterni a quelli del suo blocco ideologico.
Come se non bastasse la composizione delle liste ha messo in luce tutti i limiti della legge elettorale e del nostro sistema politico. Il legame fra candidato e territorio pare essere una questione da antichi romantici, le decisioni vengono prese al chiuso delle segreterie di partito e i criteri di selezione sono spesso difficili da spiegare, se non ricorrendo a brutali spartizioni correntizie.
La fatica, al momento, non è solo quella di convincere gli elettori a votarti ma anche quella di convincere gli elettori a votare. Un sondaggio di Swg, pubblicato sul Corriere del 10 agosto, rivela che per il 28% degli italiani «votare non serve a nulla», che solo il 58% è davvero convinto di andare alle urne e che il 13% si dichiara «disgustato dalla politica». Numeri da prendere con le pinze, come ci ha suggerito Borghese, ma che indicano un malessere preoccupante.
Che fare quindi? La speranza è che la campagna entri nel vivo, che sia in grado di toccare i temi più veri, che i candidati possano essere valutati per la loro preparazione. Gli indecisi sono ancora tanti e, in questi tempi complicati, forse potrà raccogliere qualcosa chi sa proporre un’immagine di serietà, un’idea di futuro possibile e auspicabile.
Come Centro Ferrari cercheremo di informarvi su ciò che accade, sollevando i temi per noi più caldi, mettendo in luce le contraddizioni, prendendo posizione sui valori che maggiormente ci stanno a cuore. A questo link potrete trovare la registrazione dell’intervista fatta a Salvatore Borghese di YouTrend e nei prossimi giorni condivideremo altri contenuti che speriamo possano essere utili. E dopo il 25 settembre comincerà – in ogni caso – il tempo della costruzione.
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